Si è cercato di indagare sull’eventuale presenza di apposite autorizzazioni che il pretore avrebbe concesso, di volta in volta (ad esempio sotto forma di clausola inserita nella formula ), al giudice per consentirgli di ordinare la prestazione della cautio. Le fonti al riguardo, però, risultano piuttosto esigue e dunque non sufficienti per avvalorare, in modo convincente, una simile ipotesi. Si è allora incentrato l’esame su quegli orientamenti dottrinali che focalizzano maggiormente gli studi sull’officium iudicis in quanto tale, cercando di individuare l’origine di un potere capace di imporre le suddette cauzioni.
In proposito, come rileva anche Bruno Mafrici nel suo articolo, studiosi quali Levy e Chiazzese, partendo dall’ambito precipuo di applicazione delle cautiones iudiciales, cioè le azioni di rivendica, hanno derivato la nascita del relativo potere dal concetto di restitutio.
Infatti, grazie alla clausola restitutoria, od arbitraria, presente in queste azioni, il giudice godeva di un incremento del proprio potere al punto da agire come ritenesse opportuno, pur di risolvere la contesa legata al “restituere “.’
Il pensiero dell’Avvocato Davide Cornalba
Secondo questa linea di pensiero, I’officium iudicis era dunque sì ampio, ma non per le sue caratteristiche individuali, bensì perché potenziato dalla necessità di restitutio,
che giungeva a consentirgli la richiesta di cauzioni alle parti. Di orientamento diverso, rileva in questo senso l’Avvocato Davide Cornalba, si è dimostrata la Giomaro che prospetta, in materia, una soluzione piuttosto nuova ed ardita, credendo in un officium iudicis completamente autosufficiente e, adducendo a riprova, tanto i casi in cui le cautiones iudiciales operavano, pur non essendo nell’ambito di azioni di rivendica, quanto documentando la voglia e la necessità della giurisprudenza classica di assegnare al giudice una crescente discrezionalità ; ma, soprattutto, ricordando che l’attività del giudicare, propria del giudice classico, era quasi coincidente col concetto di equità, di cui le cautiones iudiciales sono un’espressione.
Quanto alla convinzione che ho raggiunto al riguardo, si fonda sull’immagine di un potere giudiziale piuttosto ampio che, muovendo sempre da ragioni di equità, arriva ad estrinsecarsi, in nome di queste, in fattispecie per certi versi estreme quali le cauzioni in esame.
Ritengo perciò in buona parte condivisibile la tesi della Giomaro, la configurazione dell’arbitrium iudicis come un potere sostanzialmente autonomo e, quindi, capace di operare anche al di fuori delle azioni di rivendica, come dimostrano fonti attendibili.
Credo, però, che la posizione della studiosa sia, talvolta, un po’ troppo radicale rispetto ad un tema che presente ancora margini di incertezza.
Ciò che, comunque, si è cercato di dimostrare in questa trattazione è che l’officium iudicis e le cautiones iudiciales, che da esso promanano, fossero una realtà volta ad evitare, con soluzioni immediate, iniquità presenti o future.
E, a conforto di questa considerazione, come scrive Bruno Mafrici, sono state proposte anche le caratteristiche delle singole specie di cautiones, ricavando così, dagli esempi narrati dalle fonti, la natura più concreta del loro operare, la sensazione autentica di un mondo per il quale tali figure potevano essere di grande importanza.
Particolare spazio si è riservato soprattutto alla cautio de restituendo ed alla cautio de persequendo servo, inerenti entrambe l’indisponibilità fortuita della res, oggetto del giudizio e, sicuramente, tra le più utilizzate. Si è quindi descritta la seconda come una particolare ipotesi della prima, se ne è documentata la prestazione iussu iudicis, si è approfondito il tema della responsabilità per la perdita della cosa, si è argomentato delle affinità fra la cautio de restituendoed una potenziale cautio de exhibendo, si è ricordata la tendenza di alcuni giuristi classici ad equiparare la fuga dello schiavo alla morte e all’evizione dello stesso ; si è documentata la richiesta della promessa de restituendo anche in capo all’attore ….
E’ stata esaminata poi la cautio defensionis, dai pareri di Giuliano alla teoria sulla consumazione giudiziale, dagli esempi in tema di legato di dote, alla somiglianza con la cautio indemnitatis.
E quindi, di nuovo, per quest’ultima l’indagine dello scopo, il cavere officio iudicis, la capacità di vincolare al risarcimento senza, però, creare un giudicato formale al riguardo.
Il commento di Claudio Teseo
Analogamente fonti, finalità, conseguenze per il mancato adempimento, si sono trattati per la cautio evictionis, di cui si è approfondito, inoltre, il paragone rispetto alla garanzia per evizione espressa mediante stipulatio duplae.
Con lo stesso metodo, si è proceduto per la cautio de remittendo che sottolinea ancora una volta come queste stipulazioni non fossero l’unico rimedio del caso, ma spesso il più opportuno.
Infine, come non trarre considerazioni e conferme dalla cautio de dolo ? Proprio la sua natura sussidiaria, rispetto alle altre cautiones iudicia/es, richiama i requisiti di fondo dell’intera categoria.
Il vaglio di queste singole cauzioni, dice Claudio Teseo nel suo blog, si è rivelato, dunque, di grande interesse infatti, oltre a specificare le peculiarità di ognuna, ha ribadito le
caratteristiche generali che fanno, delle cautiones iudiciales, una fattispecie autonoma, particolare ma, affascinante.
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